Introduzione:
La movida notturna è parte integrante della vita urbana moderna. Le strade si riempiono di persone in cerca di divertimento, locali affollati di risate e musica.
Tuttavia, spessissimo a questa vivace atmosfera si accompagna il problema delle immissioni di rumore da movida.
Questa forma di inquinamento acustico può avere un impatto significativo sulla salute, sul benessere e sulla qualità della vita delle persone che vivono o lavorano nelle vicinanze delle zone interessate dalla movida. Recentemente la Corte di Cassazione si è occupata di questo problema, giungendo a conclusioni di sicuro interesse per coloro tutti coloro che subisco i rumori da movida.
In questo articolo, premessi alcuni cenni sugli effetti delle immissione di rumore, illustreremo il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione che ha esteso la responsabilità al Comune per i danni provocati dai rumori della movida.
Effetti sulla salute e sulla qualità della vita delle immissioni di rumore
La costante esposizione al rumore ad alto volume può causare una serie di problemi alla salute (bene tutelato dall’art. 32 della Costituzione); gli effetti a breve termine includono disturbi del sonno, affaticamento, stress e irritabilità. A lungo termine, l’esposizione prolungata al rumore può contribuire a disturbi dell’udito, problemi cardiovascolari e disturbi psicologici come ansia e depressione.
Le persone che vivono nelle zone interessate dalla movida sono particolarmente vulnerabili a questi effetti negativi, poiché non possono facilmente sfuggire al rumore durante le ore notturne.
L’immissione di rumore da movida può anche influenzare negativamente la qualità della vita delle persone.
Inoltre, le abitazioni situate nelle vicinanze di locali rumorosi possono subire una perdita di valore, rendendo difficile la vendita o l’affitto delle proprietà (art. 844 c.c.)
Perdipiù il disturbo costante del rumore può influire negativamente sulla capacità di concentrarsi sul lavoro o nello studio, compromettendo le prestazioni e la produttività.
Le immissioni di rumore intollerabili
L’art. 844 del codice civile disciplina le immissioni (acustiche, di fumo, ecc.) da un fondo ad un altro. In base a questa disposizione “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso”.
Quindi, posto che le immissioni vietate sono quelle che superano la “normale tollerabilità”, occorre comprendere cosa si intende per normale tollerabilità, atteso che l’art. 844 cc non ha dato una spiegazione di tale criterio. In buona sostanza spetta al giudice compiere questa valutazione in relazione al caso concreto sottoposto al suo esame.
Nel compiere tale valutazione, il giudice sarà tenuto a prendere in considerazione elementi quali ‘la situazione ambientale’, le ‘caratteristiche della zona’ e ‘le abitudini di vita degli abitanti’, il tutto nell’ottica di tutelare il diritto al riposo, alla serenità e all’equilibrio della mente, nonché alla vivibilità dell’abitazione che il rumore e il frastuono mette a repentaglio.
In estrema a sintesi la giurisprudenza utilizza il cosiddetto criterio comparativo: in pratica, viene preso a riferimento il rumore di fondo della zona, vale a dire quel complesso di suoni di origine varia e non identificabile, continui e caratteristici della zona, sui quali si innestano, di volta in volta, rumori più intensi. Tale criterio consiste nel confrontare il livello medio del rumore di fondo con quello del rumore rilevato nel luogo soggetto alle immissioni, al fine di verificare se sussista un incremento non tollerabile del livello medio di rumorosità. In particolare, secondo la giurisprudenza, il rumore si deve ritenere intollerabile allorché, sul luogo che subisce le immissioni, si riscontri un incremento dell’intensità del livello medio del rumore di fondo di oltre 3 decibel. Questo valore viene considerato il limite massimo accettabile di incremento del rumore, tenuto conto di tutte le caratteristiche del caso concreto, ed è stato riconosciuto anche dalla Cassazione come “un valido ed equilibrato parametro di valutazione”.
Le immissioni rumorose intollerabili, quindi, ledono il diritto al rispetto della vita privata e familiare, di cui all’art. 8 Cedu, e per conseguenza va riconosciuto un consistente risarcimento del danno provocato, da determinarsi in via equitativa, in relazione alla perduranza nel tempo della turbativa (Cass. Civ. 11930/2022)
Il caso di cui si è occupata la Cassazione
Una coppia di coniugi ha convenuto in giudizio il Comune in cui abitavano, deducendone la responsabilità di quest’ultimo per le immissioni di rumore nella propria abitazione, prodotte dagli avventori degli esercizi commerciali limitrofi, i quali, nelle sere di fine settimana del periodo estivo, si trattenevano in strada recando disturbo alla quiete pubblica anche ben oltre l’orario di chiusura dei locali.
In particolare i coniugi chiedevano che fosse accertata l’intollerabilità delle immissioni di rumore provenienti dalla strada comunale e, quindi, che il Comune venisse condanno ex articolo 844 c.c., alla cessazione immediata delle predette immissioni ovvero alla messa in opera delle necessarie misure per ricondurre alla normale tollerabilità le immissioni medesime, nonchè al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti.
Il Comune veniva condannato in primo grado dal Tribunale di Brescia a far cessare le immissioni di rumore nella proprietà degli attori, mediante la predisposizione di un servizio di vigilanza con impiego di agenti comunali che si adoperino, entro la mezz’ora successiva alla scadenza dell’orario di chiusura degli esercizi commerciali autorizzati, a far disperdere ed allontanare dalla strada comunale le persone che stazionano lungo la stessa. Il medesimo Tribunale condannava inoltre il Comune al pagamento della somma di circa € 50.000 in favore della coppia di coniugi a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito.
Avverso tale decisione proponeva appello il Comune e la Corte di appello di Brescia accoglieva il gravame e, in riforma della pronuncia di primo grado, rigettava le domande proposte dai coniugi, i quali, a loro volta, impugnavano la sentenza di secondo grado avanti alla Suprema Corte.
La Responsabilità del Comune per le immissioni di rumore
Premette innanzi tutto la Corte di Cassazione che la tutela del privato che lamenti la lesione del diritto alla salute (art. 32 Cost.) ma anche del diritto alla vita familiare (articolo 8 CEDU) e della stessa proprietà cagionata dalle immissioni intollerabili di rumore ex articolo 844 c.c., provenienti da area pubblica (nella specie, da una strada della quale la Pubblica Amministrazione e’ proprietaria), trova fondamento, anche nei confronti della P.A., anzitutto nelle stesse predette norme a presidio dei beni oggetto dei menzionati diritti soggettivi.
La Pubblica Amministrazione stessa, infatti, e’ tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere, con cio’ potendo essere condannata sia al risarcimento del danno (articoli 2043 e 2059 c.c.) patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un facere, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità’.
Quindi, afferma la Corte di Cassazione, il Comune ben può essere chiamato sia ad intervenire per mettere fine alle immissioni intollerabili provenienti dalla strada comunale, sia a risarcire i danni conseguenti (Cassazione civile, sentenza 19/4/2023 n. 14209).