Corte di Cassazione – sentenza 24 giugno – 28 settembre 2009, n. 20754
La presenza del segnale stradale “Caduta massi” sulla strada statale non esclude automaticamente dalle responsabilità dell’ente custode della strada in caso di frana. Anzi, tale segnale indica la consapevolezza nell’ente proprietario della pericolosità della strada ed è quindi un elemento rivelatore per il giudice che deve pronunciarsi obbligo di risarcimento all’automobilista danneggiato a carico all’ente proprietario della strada: solo il caso fortuito esonera il custode ex articolo 2051 Cc e non si può non tener conto dalla specifica pericolosità del tratto di strada “incriminato”, che impone una particolare vigilanza.
La sentenza della Cassazione n. 20754/09, ribadisce ancora una volta il superamento del vecchio orientamento giurisprudenziale secondo il quale la responsabilità da cose in custodia per l’amministrazione proprietaria della strada sussiste solo quando le dimensioni dell’infrastruttura sono ridotte al punto da consentire una vigilanza costante. Secondo la Cassazione se il danneggiato dimostra che il sinistro è dipeso da un’anomalia della strada , allora sussiste la responsabilità dell’ente proprietario che deve risarcire il danno. La responsabilità dell’ente proprietario è esclusa solo se l’incidente è avvenuto a causa di una circostanza improvvisa e non prevedibile che è mancato il tempo per segnalarla o intervenire, nonostante la diligenza tenuta nel vigilare sulla strada .
Afferma la Corte di Cassazione: “In materia di responsabilità civile per manutenzione delle strade si è ulteriormente evidenziata (Cass. n. 20427 del 2008) la necessità di superare il precedente indirizzo di questa Corte che riteneva applicabile l’art. 2051 c.c., nei confronti della P.A., per le categorie di beni demaniali quali le strade pubbliche, solamente quando, per le ridotte dimensioni, ne è possibile un efficace controllo ed una costante vigilanza da parte della P.A., tale da impedire l’insorgenza di cause di pericolo per gli utenti (Cass. 26 settembre 2006, n. 20827; Cass. 12 luglio 2006, n. 15779; Cass. 6 luglio 2006, n. 15383). S’è dunque ritenuto di dover affermare il diverso principio secondo il quale: la responsabilità da cosa in custodia presuppone che il soggetto cui la si imputa abbia con la cosa stessa (e sia in grado di esplicare riguardo ad essa) un potere di sorveglianza, di modificarne lo stato e di escludere che altri vi apporti modifiche. S’è ulteriormente precisato: a) che per le strade aperte al traffico l’ente proprietario si trova certamente in tale situazione una volta accertato che il fatto dannoso si è verificato a causa di una anomalia della strada stessa (il cui onere probatorio grava sul danneggiato); b) che è comunque configurabile la responsabilità dell’ente pubblico custode, salvo che quest’ultimo non dimostri di non avere potuto far nulla per evitare il danno; c) che l’ente proprietario non può far nulla quando la situazione all’origine del danno si determina non come conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada ma in maniera improvvisa, atteso che solo quest’ultima (al pari della eventuale colpa esclusiva dello stesso danneggiato in ordine al verificarsi del fatto) integra il caso fortuito previsto dall’art. 2051 c.c., quale scriminante della responsabilità del custode. Si è concluso, in sintesi, a) che agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito in linea generale è applicabile l’art. 2051 c.c., in riferimento alle situazioni di pericolo “immanentemente” connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, essendo peraltro configurabile il caso fortuito in relazione a quelle provocate dagli stessi utenti, ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa; b) che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, la suddetta situazione non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere (Cass. 29 marzo 2007, n. 7763; Cass. 2 febbraio 2007, n. 2308).
Ancor più di recente si è quindi sostenuto, a ulteriore specificazione dei criteri sin qui elaborati, che ai fini del giudizio sulla qualificazione della prevedibilità o meno della repentina alterazione dello stato della cosa, quale quella verificatasi nella specie (frana), occorre avere riguardo, per quanto concerne i pericoli derivanti da situazioni strutturali e dalle caratteristiche della cosa, al tipo di pericolosità che ha provocato l’evento di danno e che può atteggiarsi diversamente, ove si tratti di una strada, in relazione ai caratteri specifici di ciascun tratto ed agli analoghi eventi che lo abbiano in precedenza interessato (Cass., 3 aprile 2009, n. 8157).
La Corte d’Appello, nell’impugnata sentenza ha errato proprio nel non tener conto della specifica pericolosità del tratto di strada in cui si verificò il sinistro, caratterizzata dalla franosità del terreno sovrastante, come risulta del resto dalla precedente apposizione di segnali di pericolo.
Per tale ragione l’impugnata sentenza deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione”.