Il licenziamento è un istituto giuridico con cui il datore di lavoro mette fine ad un rapporto di lavoro. Si contrappone al recesso unilaterale dal contratto di lavoro da parte del lavoratore dipendente, detto dimissioni.
Il lavoratore che ritiene ingiusto il licenziamento dovrà in primo luogo rivolgersi all’avvocato per essere assistito nelle delicate e particolari fasi della procedura, soggetta a rigorosi termini di decadenza.
Se, infatti, il lavoratore non rispetta questi termini non potrà impugnare più il licenziamento anche se illegittimo ed ingiusto.
La procedura di impugnazione
L’impugnazione consiste in un atto scritto con il quale il lavoratore esprime la volontà di contestare la validità del licenziamento.
Vediamo quali sono i passaggi da seguire.
Impugnazione stragiudiziale
Entro il termine di 60 giorni dal ricevimento del provvedimento di licenziamento, il dipendente deve inviare al datore di lavoro una lettera di contestazione del licenziamento.
Per il calcolo del termine fa fede la data di spedizione e non quella di ricevimento della lettera di contestazione; per cui è valida la contestazione inviata dal dipendente prima della scadenza dei 60 giorni e ricevuta dall’azienda dopo .
L’art. 6 della legge 604/66 prevede infatti che “Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.
Quindi il primo incombente a carico del lavoratore che intende impugnare il licenziamento intimatogli, è quello di inviare a sua volta al datore di lavoro una lettere con cui contestare il provvedimento. In questa fase non occorre specificare le ragioni per cui si ritiene illegittimo il licenziamento.
Impugnazione giudiziale
Per impugnare un licenziamento illegittimo non è sufficiente tuttavia la lettera di contestazione nei 60 giorni.
L’impugnazione stragiudiziale infatti diventa tuttavia inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, da uno dei seguenti passaggi:
a) dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro, oppure
b) dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL) . Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.
Occorre fare attenzione al fatto che i 180 giorni di cui si è detto sopra iniziano a decorre non dal termine ultimo per inoltrare l’impugnativa stragiudiziale, ma dal giorno in cui questa è stata effettivamente presentata.
Mentre la procedura stragiudiziale vale per tutti i tipi di licenziamento, diversa è invece la procedura in tribunale; quest’ultima, infatti, segue riti diversi a secondo dei casi:
- Licenziamenti intimati da aziende fino a 15 dipendenti: sia per i dipendenti assunti prima che dopo il 7 marzo 2015 si applica il normale processo del lavoro;
- Licenziamenti discriminatori, illeciti, verbali ovvero intimati da aziende con più di 15 dipendenti: per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 si applica il cosiddetto “Rito Fornero”. Per quelli assunti dopo, vale il normale processo del lavoro.
I diversi tipi di licenziamento
Il nostro ordinamento giuridico riconosce come validi le seguenti tipologie di licenziamento:
- giusta causa;
- per giustificato motivo soggettivo;
- economico o per giustificato motivo oggettivo;
- collettivo.
Devono invece ritenersi del tutto nulli i provvedimenti di recesso dal rapporto di lavoro mossi da motivazioni di natura discriminatoria (per motivi di età, sesso, lingua, razza, orientamento sessuale, convinzioni personali e religiose, opinioni politiche, appartenenza a un partito o sindacato, adesione ad uno o più scioperi). Non è valido neppure il licenziamento intimato a voce (la forma scritta infatti è un requisito indispensabile per ogni provvedimento di licenziamento) oppure non comunicato tramite raccomandata A/R o mediante consegna a mano alla presenza di testimoni.
La giusta causa. Il licenziamento per giusta causa può essere adottato – anche senza preavviso – in seguito ad alcune condotte particolarmente gravi del lavoratore, quali l’insubordinazione, il rifiuto ripetuto e immotivato di eseguire la prestazione lavorativa, la sottrazione di beni aziendali durante lo svolgimento della attività lavorativa, ecc.
Giustificato motivo soggettivo (g.m.s.). E’ quello disposto per sanzionare una violazione del lavoratore agli obblighi previsti dal contratto di lavoro (es. abbandono immotivato del luogo di lavoro, provocazione di una rissa sul luogo di lavoro, plurime violazione del codice disciplinare, minaccia ai colleghi o superiori ecc)
Giustificato motivo oggettivo o per ragioni economiche. Si parla invece di motivi oggettivi di licenziamento nel caso in cui un’azienda si trova a dover licenziare il dipendente per motivi tecnici relativi alla produzione o alla riorganizzazione del lavoro, ad uno stato di crisi aziendale (chiusura dell’attività, delocalizzazione, soppressione del posto di lavoro, ecc)
Licenziamento collettivo. Quando il licenziamento per ragioni economiche coinvolge 5 o più un dipendenti si definisce Licenziamento Collettivo ed il datore di lavoro deve seguire una specifica procedura.