Sono sposato da 13 anni con 3 figli minori. Devo separarmi da mia moglie. Mia moglie possiede un appartamento di 100 mq cui eventualemte andare a vivere con i figli, ma credo che ci siano dei problemi. La casa attuale in cui viviamo da oltre 2 anni io sono nudo proprietario e mio padre e’ usufruttuario.
A che titolo mia moglie deve rimanere se esplicitamente l’ho invitata ad uscire dalla casa e lasciarmi vivare nei gg concordati con i miei figli. in poche parole riusciro’ a fare uscire mia moglie di casa?
Davide
Risposta: un esauriente e condivisibile risposta (negativa) alla domanda in esame è contenuta in un provvedimento del Tribunale di Modena dell’11/7/2005 che si trascrive:
– letto il ricorso congiunto avanzato da XX e YY con il quale gli stessi, separati consensualmente, hanno richiesto di modificare le condizioni di separazione nei seguenti termini; il padre, a compensazione del proprio contributo di mantenimento della figlia Rossella, di anni sei, trasferisce alla madre affidataria, la sua quota di comproprietà, pari ad una metà dell’intero dell’immobile sito a XXXX , ove madre e figlia convivono, “nullapiù dovendo oltre a tale titolo per il mantenimento della figlia;
– che il problema sottoposto al vaglio del tribunale, in termini generali, riguarda l’ammissibilità del mantenimento dei figli di genitori separati, ai sensi dell’art. 155 c.c., attuabile in forma atipica; in termini diversi rispetto a quanto, more solito, si constata nella pratica, con determinazione di un assegno periodico rivalutabile annualmente; in tal caso, la previsione ha ad oggetto la possibilità, per il genitore non affidatario, di versare un contributo di mantenimento in unica soluzione;
– che l’art. 155 c.c. non determina il quomodo dell’obbligo di mantenimento dei genitori nei confronti dei figli, limitandosi, in termini generici, a disporre che “il giudice stabilisce la misura e il modo con cui l’altro coniuge deve contribuire al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dei figli” (co. 2°); e, ancora, che “nell’emanare i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e al contributo al loro mantenimento, il giudice deve tener conto dell’accordo delle parti” (co. 7°). Diversa è, invece, la formula lessicale utilizzata in materia divorzile in ordine all’espressa previsione dell’assegno di mantenimento dei figli, dal momento che l’art. 6, co. 11, l. div. dispone che: “nel fissare la misura dell’assegno di mantenimento relativo ai figli, il tribunale determina anche un criterio di adeguamento automatico dello stesso, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria”;
– che ormai pacificamente si ritiene che la previsione dell’aggiornamento automatico dell’assegno di mantenimento della prole, espressamene previsto dalla disciplina divorzile, sia estensibile analogicamente all’assegno di mantenimento della prole di genitori separati;
– che sia possibile per l’ex coniuge esdebitarsi completamene e definitivamente nei confronti dell’altro dall’obbligo di mantenimento risulta
ex professo dalla disciplina divorzile (art. 5, co. 8°, l. div.);
– che quest’ultima previsione sia inestensibile al mantenimento della prole, oltretutto di genitori separati, non sembra arduo da sostenersi e, ancor meno difficile, da argomentarsi; sia per la diversità di oggetto, nell’un caso trattandosi di mantenimento degli ex coniugi, nell’altro dei figli, sia per eccezionalità di quest’ultima previsione;
– che, allora, v’è da chiedersi se, demandando l’art. 155 c.c. la determinazione delle modalità di determinazione del contributo di mantenimento della prole al giudice, questi, nell’ambito del sua discrezionale apprezzamento, non essendo vincolato dalle richieste di parte, per tale via possa ammettere la corresponsione dell’assegno in unica soluzione;
– che anche la risposta a questo interrogativo sembra negativa;
– che, come si è scritto, “il dovere del giudice di accompagnare al contributo per il mantenimento della prole un criterio di adeguamento automatico (ex art. 6, co. 11, l. div., previsione applicabile per analogia alla separazione; n.d.est.) sembrerebbe implicare e presupporre la corresponsione periodica di un assegno di denaro”;
– che, se anche la previsione in esame (art. 6, co. 11, l. div.), applicata per analogia, possa far ritenere la non esclusività della modalità di mantenimento tramite assegno, la stessa sembra comunque avere un ben preciso significato di tutela delle ragioni creditorie e degli interessi (materiali) del minore, ravvisabili nell’esigenza di non far gravare sull’affidatario l’onere, volta per volta, di agire in giudizio per rimediare alla perdita del valore economico del contributo di mantenimento del non affidatario;
– che, poi, la previsione del trasferimento della proprietà della quota dell’immobile alla madre, a compensazione del debito di mantenimento del padre verso la figlia, all’evidenza, non garantisce gli interessi di quest’ultima per molteplici motivi;
– che, all’evidenza, ben potrebbe il proprietario dello stabile, che sia genitore affidatario, disporre autonomamente e senza vincoli di sorta dei beni trasferiti dal padre, anche alienandoli a terzi, con sostanziale sottrazione ed annullamento di ogni forma di mantenimento del minore; come pure, in tal caso, l’assenza di mantenimento è in re ipsa, se solo si consideri, da un lato, che il trasferimento proprietario alla madre della minore non riguarda un bene fruttifero, ma la casa ove la minore risiede con la madre, sicchè da essa non è possibile ritrarre alcuna forma di mantenimento, ai sensi dell’art. 155 c.c., ma, al più, un risparmio di spesa, che è cosa diversa dal primo; e, dall’altro, che non necessariamente il trasferimento della proprietà di un immobile si rivela vantaggioso per il beneficiario, tutte le volte in cui l’immobile richieda onerosi interventi manutentivi;
– che va ancora notato che il mantenimento della prole è obbligazione la cui scadenza incertum quando, dovendo la stessa persistere fino all’indipendenza economica del figlio, ed essendo incerto, quindi, anche l’importo che dovrà fino a quel momento esser versato a tal titolo; con la conseguenza che la previsione sottoposta alla verifica del tribunale, di trasferimento della quota di uno stabile, sconta quest’ulteriore obiezione, di non consentire alcuna esatta quantificazione del debito in oggetto agli effetti della capitalizzazione;
– che, pertanto, tenuto conto della natura indisponibile dell’interesse della minore al mantenimento (art. 30 Cost.), che il Tribunale d’ufficio deve verificare, e constatato che la previsione de qua non appare tutelante questi medesimi interessi, rigetta il ricorso”.