Il mio matrimonio è in crisi grave da tanto tempo. da 1 anno e mezzo viviamo in casa ma senza alcuna intimità; 2 anni fa avevo deciso di tornare in toscana dove vivono i miei col bambino; avevo ottenuto il trasferimento col lavoro in toscana e poi ho rinunciato per cercare nuovamente di far funzionare le cose. non è andata bene e da gennaio scorso mi vedo con una persona ( l’ho visto 1 volta al mese ). ora scopro che mio marito mi ha fatta pedinare da gennaio ad oggi e che ha chiesto la separazione, anche se ancora non ho ricevuto niente. Dice che ha le prove della mia infedeltà e vuole rivalersi. Sono disperata. Penso che lo faccia per assicurarsi che io non porti il bambino in toscana (noi siamo in trentino), una volta separati. Lo può fare? ho qualche arma per dimostrare che il nostro era un matrimonio di facciata da tanto tempo?
Federica.
Risposta: l’art. 151 c.c. prevede la possibilità per il giudice che pronuncia la separazione di stabilire a quale coniuge quest’ultima sia addebitabile. Si tratta della c.d. separazione con addebito, ovvero da un particolare tipo di separazione caratterizzato dal riscontro, in una delle parti, di comportamenti contrari agli obblighi coniugali.
La pronuncia di addebito comporta la perdita del diritto al mantenimento, del diritto all’assistenza previdenziale e dei diritti successori in capo al coniuge “colpevole”. A quest’ultimo spetteranno eventualmente gli alimenti, ove ne ricorrano i presupposti (art. 438 c.c.).
La legge non ha tipizzato le condotte da cui può scaturire una pronuncia di addebito; per cui spetta al giudice accertare in concreto la ricorrenza di comportamenti rilevanti per l’addebito, verificandone l’efficacia causale rispetto alla situazione di intollerabilità della convivenza o al grave pregiudizio per la prole.
La violazione del dovere di fedeltà coniugale di cui all’art. 143 c.c. rappresenta una violazione particolarmente grave che, normalmente, determina l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Tuttavia, la Cassazione precisa che la pronuncia di addebito non può essere basata sulla semplice violazione dei doveri di cui all’art. 143 c.c., essendo viceversa necessario accertare l’eventuale esistenza di un collegamento tra la detta violazione e l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Da ciò dunque consegue che, pur a fronte della constata esistenza della violazione degli obblighi in questione, l’addebito della separazione va escluso quando il giudice accerti la preesistenza di una situazione di irrimediabile contrasto fra le parti o nella quale emerga il carattere meramente formale della convivenza, del tutto autonoma dunque rispetto alla successiva violazione e tale pertanto da rimanere insensibile agli effetti da essa altrimenti prodotti.
In altre parole i comportamenti rilevanti ai fini della addebitabilità o meno della separazione sono solo quelli anteriori alla situazione di crisi della coppia e non anche quelli posteriori: non importa quale sia il comportamento tenuto dai coniugi una volta manifestatasi la frattura; ciò che conta è la condotta che ha provocato la condizione di intollerabilità della convivenza.
L’infedeltà coniugale, dunque, può essere causa dell’addebito della separazione se risulta accertato se ad essa sia, nel caso concreto, riconducibile la crisi dell’unione, mentre il relativo comportamento infedele, se successivo al verificarsi della situazione di intollerabilità della convivenza, non è di per sé solo, rilevante e non può, conseguentemente, giustificare una pronuncia di addebito.
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