
Il regime patrimoniale della famiglia è una tematica centrale nel diritto di famiglia, in quanto incide profondamente sulla gestione e sulla disponibilità dei beni durante la vita coniugale e al momento dell’eventuale scioglimento del vincolo matrimoniale. La disciplina è contenuta negli articoli 159 e seguenti del Codice Civile, che delineano i diversi assetti possibili nella regolazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi.
Il regime legale: la comunione dei beni
Ai sensi dell’art. 159 c.c., in assenza di diversa convenzione stipulata tra i coniugi, il regime patrimoniale applicabile è quello della comunione legale dei beni. Questo regime si fonda sul principio per cui i beni acquistati da uno o da entrambi i coniugi nel corso del matrimonio confluiscono automaticamente nel patrimonio comune della famiglia.
Non tutti i beni, tuttavia, rientrano nella comunione. L’art. 179 c.c. individua specifiche categorie di beni personali, che rimangono di esclusiva titolarità del coniuge acquirente. Tra questi, rientrano i beni acquisiti anteriormente al matrimonio, quelli per donazione o successione, quelli destinati all’esercizio della professione del coniuge, nonché i beni di uso strettamente personale.
L’amministrazione dei beni comuni è disciplinata dall’art. 180 c.c., che distingue tra:
- atti di ordinaria amministrazione, per i quali è sufficiente l’intervento disgiunto di ciascun coniuge;
- atti di straordinaria amministrazione, che richiedono il consenso congiunto.
Alienazione dei beni personali nella comunione legale
In presenza di beni personali, il coniuge titolare mantiene il potere di disporne autonomamente. Tuttavia, la prassi notarile e giurisprudenziale ha sollevato dubbi in merito alla validità e agli effetti della partecipazione dell’altro coniuge agli atti dispositivi.
Sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2954/2003, affermando che la partecipazione del coniuge non acquirente all’atto di acquisto di un bene personale ha esclusivamente una funzione ricognitiva, ovvero serve a confermare la natura personale del bene, ma non attribuisce a tale coniuge alcun potere dispositivo.
La separazione dei beni: autonomia e titolarità esclusiva
In alternativa alla comunione, i coniugi possono optare per il regime di separazione dei beni, mediante apposita convenzione matrimoniale, da stipularsi all’atto del matrimonio o successivamente, davanti a un notaio.
Nel regime di separazione, ciascun coniuge conserva la titolarità esclusiva dei beni da lui acquistati, con la conseguente libertà di amministrarli e disporne senza il consenso dell’altro. Questa impostazione garantisce una maggiore autonomia patrimoniale, ma impone altresì una gestione separata, che può rivelarsi complessa in caso di cessazione del rapporto coniugale.
A tal proposito, la Cassazione con la sentenza n. 3647/2004 ha ribadito che l’adozione del regime di separazione richiede una formale convenzione tra i coniugi, a conferma della necessaria volontà di derogare al regime legale.
Profili giurisprudenziali recenti
La giurisprudenza più recente ha approfondito ulteriori aspetti distintivi tra i due regimi. In particolare, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17882/2023, ha chiarito che, nell’ambito della separazione dei beni, il giudizio di divisione dei beni in comunione ordinaria non è subordinato alla definizione del procedimento di separazione personale. Tale principio non trova invece applicazione in caso di comunione legale, dove il regime impone la sospensione del giudizio divisorio in attesa della decisione sullo status personale.
Scioglimento della comunione e diritti dei coniugi
Con lo scioglimento della comunione – che può avvenire in seguito alla separazione, al divorzio o alla modifica del regime patrimoniale – l’art. 194 c.c. dispone che l’attivo e il passivo della comunione siano divisi in parti uguali tra i coniugi. L’art. 195 c.c. prevede, inoltre, il diritto di prelevamento dei beni mobili, introducendo una presunzione di appartenenza alla comunione in mancanza di prova contraria.
La Cassazione, con la sentenza n. 20066/2023, ha ulteriormente precisato che, per l’esercizio del diritto di prelievo, è necessario non solo dimostrare l’origine personale delle somme, ma anche provarne la persistenza materiale e la non utilizzazione per i bisogni della famiglia. In assenza di tali presupposti, il denaro si presume entrato a far parte della comunione.
Conclusioni
La scelta tra comunione e separazione dei beni non è meramente formale, ma comporta implicazioni sostanziali sulla gestione, l’amministrazione e la disponibilità del patrimonio coniugale. Mentre la comunione legale mira a tutelare l’unità economica della famiglia, la separazione dei beni valorizza l’autonomia individuale dei coniugi.
È pertanto fondamentale che i coniugi, preferibilmente con l’assistenza di un professionista, valutino attentamente quale regime risponda meglio alle loro esigenze personali e familiari, nonché alle prospettive economico-patrimoniali della coppia.