Ho un appartamento con tre camere, che affitto a tre persone con contratti distinti di natura transitoria (Legge n. 431/1998). Se una delle inquiline volesse prendere la residenza nell’appartamento, potrei comunque affittare le altre due stanze? Il fatto che prenda la residenza può crearmi qualche vincolo? Grazie
Risposta: i contratti di locazione ad uso abitativo di natura transitoria sono previsti dall’art. 5 comma 1 della legge 431/98 ed hanno durata non inferiore ad un mese e non superiore a diciotto mesi. Questa tipologia di contratto può essere stipulata in presenza di particolari esigenze dei conduttori o dei proprietari (es. mobilità per lavoro). Peraltro l’esigenza della transitorietà deve essere individuata nel testo del contratto e provata attraverso documentazione da allegare al contratto stesso.
Quindi la legge consente il ricorso a questo tipo di contratti di locazione (di durata inferiore a quelli “ordinari”) solo quando si tratta di soddisfare specifici bisogni delle parti; in particolare ed il più delle volte si ricorre a questa forma contrattuale per soddisfare delle esigenze abitative transitorie e momentanee del conduttore. La natura transitoria sussiste ad esempio quando l’abitazione del conduttore, in quanto eccezionale e temporanea, comporti una sua permanenza soltanto precaria o sussidiaria nell’immobile locato.
Da quanto sopra si può quindi intuire che il conduttore non può prendere la residenza nell’immobile preso in locazione con contratto di natura transitorio.
Infatti, se è vero che solo in presenza di specifiche esigenze temporanee di abitazione è possibile ricorrere a quelle tipologie contrattuali che derogano al regime ordinario delle locazioni, è altrettanto vero che la residenza – per definizione normativa – è il luogo in cui la persona ha la “dimora abituale” Art. 43 del Codice Civile). Il carattere di abitualità della dimora, proprio della residenza, non può conciliarsi con il carattere “precario” e “temporaneo” della locazione di natura transitoria.
Pertanto ritengo che non solo non è possibile per il conduttore trasferire la residenza nell’immobile oggetto della locazione transitoria, ma non è neppure possibile stipulare un contratto ad uso abitativo di natura transitoria quando il conduttore abbia la residenza nel medesimo luogo in cui si trova l’immobile locato.
Avv. Davide Radoani
Concordo coi commentatori. Se il termine per richiedere il trasferimento di residenza è di 20 giorni, è evidente che, vista la durata di 18 mesi del contratto di locazione transitorio, non spostandola ci si ritroverebbe ad avere una residenza non più aggiornata. Nel concetto di dimora abituale, infatti, non si vede perché non possa ricadere il luogo in cui si trascorreranno i 18 mesi successivi. Il conduttore ben potrebbe non avere disponibilità di alcun altro immobile e quindi, pur transitoriamente, quella sarebbe la sua dimora abituale.
Non trasferirla significherebbe incorrere nella relativa sanzione amministrative e, in ogni caso, il locatore non avrebbe alcun danno e quindi nessun interesse a impedire il trasferimento di residenza. Che la presa della residenza sia di ostacolo allo sfratto è una vecchia leggenda.
Marco
Non concordo. La residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale, nel momento considerato; luogo nel quale può comunque decidere di permanere o meno.
Se io avessi un contratto transitorio per 10 mesi e per 10 mesi vivo in quell’immobile allora non potrei avere la residenza da nessuna parte?? Eppure c’è l’obbligo di dichiararla ed il diritto di ottenerla.
In che modo una clausola contrattuale può prevaricare il legislatore?
E sopratutto qual’è l’articolo e la norma di legge che stabilisce l’impossibilità di prendere residenza in un immobile con contratto transitorio?
Davide
D’accordo con anonimo. Anche perché non vedo come potrebbe opporsi il proprietario al cambio di residenza, cambio nei confronti del quale non nutre alcun interesse.
Anonimo
Ho alcune perplessità circa la non possibilità di prendere la residenza in un immobile locato ai sensi dell’art. 5 comma1. Se è chiaro il concetto di “temoraneità”, il lmite di 18 mesi è tale da comprendere un lasso di tempo alquanto significativo, percui è personalmente non vedo preclusioni nell’art. 43 del CC, che parla di dimora abituale ma non fissa limiti di tempo. A mio parere, la questione è strettamente legata alla durata dellla locazione: se è fuor di dubbio che sino ad un tempo indicativamente di 6 mesi non possa considerarsi dimora abituale, periodi superiori sino a 18 mesi non dovrebbero creare preclusioni. Si pensi a chi per motivi di lavoro debba spostarsi con una certa frequenza, ad esempio un anno,: la sua dimora abituale potrebbe variare continuamente e sarebbe posto dunque nelle condizioni di non poter cambiare residenza? Con conseguenze sui contratti di somministrazione di energia elettrica, iscrizione nelle liste elettorali, assistenza sanitaria, tutti elementi questi che lo dovrebbero mantenere vincolato alla sua “originaria” residenza, magari distante centinaia di chilometri?